Nell’agosto del 1972, a 300 metri dalle coste di Riace, in provincia di Reggio Calabria, il sub Mariottini scorge sul fondale un oggetto che non riesce a identificare. Su sua segnalazione, una squadra di subacquei professionisti, prontamente inviata sul posto, riporta in superficie due statue di bronzo. Queste furono subito portate a Firenze per il restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure. Nel 1980 furono esposte in una mostra, che ebbe un successo enorme, e quindi trasportate nel Museo archeologico di Reggio Calabria dove sono tutt’ora esposte. I due capolavori in bronzo rappresentano la scoperta archeologica più importante del ‘900.
I bronzi di Riace identificati inizialmente con le lettere A e B raffigurano degli imponenti corpi maschili nudi, uno apparentemente più giovane e l’altro più maturo.
Le statue, probabilmente realizzate ad Atene, avrebbero dovuto essere portate a Roma, forse destinate alla casa di qualche ricco patrizio. Ma il battello che le trasportava affondò e il carico finì sommerso dalla sabbia a circa 8 metri di profondità.
Si pensa che il cosiddetto bronzo B sarebbe Anfiarao, indovino del re Adrasto, costretto, secondo la leggenda, a partecipare alla spedizione dei Sette a Tebe. Il bronzo A invece sarebbe Tideo, altro eroe della spedizione. I due bronzi farebbero quindi parte di un gruppo statuario dedicato a celebrare la leggenda dei Sette a Tebe accompagnati dai loro discendenti ed epigoni. Secondo i versi di Eschilo, uno dei tre grandi tragediografi greci, Tideo insulta l’indovino Anfiarao, che si rifiutava di partecipare alla spedizione contro Tebe, visto che ne prevedeva l’esito negativo. Adesso i celebri bronzi non hanno solo un nome ma anche una leggenda alle spalle, che spiega la loro postura l’espressione sui loro volti.
Foto di Laura Pellegrino
FONTE: http://www.informagiovaniitalia.com/bronzi_di_riace.htm#ixzz32jGuG7PO